Nel mondo del lavoro, da un lato stiamo assistendo da più di un anno al fenomeno delle Grandi Dimissioni, e dall’altro già da qualche mese si parla di Licenziamenti di Massa soprattutto nel settore tech.
Volgendo lo sguardo ancora più indietro, da anni osserviamo ad una flessibilità estrema del lavoro, e alla valorizzazione del concetto di multipotenzialità, che spesso porta a più ruoli professionali agiti contemporaneamente.
Insomma, che sta succedendo nel mondo del lavoro?
Forse tutti questi fenomeni sono riconducibili ad una spinta principale che sta investendo, se non “asfaltando” il legame tra lavoratori e aziende, ovvero il passaggio da un sodalizio forte, una specie di “matrimonio” che nel Novecento accompagnava la carriera dagli esordi alla pensione, a quello che oggi viene chiamato il “legame debole”, che solitamente avvicina un professionista alla sua organizzazione di appartenenza, almeno per un po'.
Ma partiamo dal mondo del lavoro e da cosa lo caratterizza negli ultimi 10-20 anni.
Sicuramente possiamo riscontrare un mondo del lavoro è sempre più “liquido”, direbbe Bauman, perché se ci pensiamo bene, osserviamo da anni trend come:
la flessibilità delle strutture organizzative e dei processi che avvengono nelle aziende
la temporaneità dei gruppi di lavoro e delle strutture organizzative
l’inattualità dei profili professionali, molti “job title” “scadono”, perdono significato, in tempi rapidi
l’indebolimento dei confini e dei ruoli professionali; non ci sono più ruoli netti: “fai solo questo perimetro esatto di attività”
la continua sperimentazione e innovazione.
Tutti questi non sono aspetti necessariamente negativi o positivi, ma ci portano a fare due considerazioni importanti.
lato individuo, in risposta a questa grande domanda di flessibilità, le possibilità di successo di una persona saranno proporzionali alla sua capacità di individuare una strategia e adattarla in base alle circostanze incontrate;
lato aziende, la domanda è: “come faccio io azienda allora ad assicurarmi che i migliori talenti restino, riesca a farli crescere e possa creare la linea manageriale che guiderà in futuro l’organizzazione?”
Tutto questo ha contribuito ad arrivare a fenomeni importanti come le grandi dimissioni e, più di recente, i licenziamenti di massa ai quali assistiamo nel settore Tech.
Vediamo ora questi due fenomeni, più recenti, delle grandi dimissioni e dei licenziamenti di massa nel settore Tech.
Se parliamo di grandi dimissioni, secondo Mckinsey, in una ricerca globaledella scorsa estate, il 40% dei dipendenti ha dichiarato di avere almeno una certa probabilità di lasciare il proprio attuale lavoro nei prossimi 3-6 mesi. Tanta roba!
Di questi, il 36% lascerebbe con in mano un’altra offerta, il 64% lascerebbe senza un altro lavoro!
Ma le grandi dimissioni sono un fenomeno anche in Italia: nei primi sei mesi del 2022 un milione di persone ha lasciato il lavoro con un aumento del 32% rispetto allo stesso periodo del 2021.
Per quanto riguarda i licenziamenti di massa nel settore Tech, i risultati trimestrali più deboli delle Big Tech, tra cui Meta, Amazon e Microsoft, hanno spinto ulteriormente verso il basso il settore tecnologico in generale (pensiamo ai licenziamenti in Twitter per esempio).
Questo settore che estrae valore principalmente dal lavoro umano e quando va in crisi il business, devono necessariamente ridimensionarsi.
Tra l’altro, se ricordiamo, durante il Covid era successo lo stesso, molto velocemente, anche a Airbnb.
Quale è la chiave di tutto questo?
Trovare una chiave unica è difficile, sicuramente ci sono un insieme di concause, ma sicuramente possiamo annoverare tra queste i legami deboli tra lavoratori e organizzazioni di appartenenza, e quindi scarsità di fiducia in una partnership di lungo periodo.
Come conseguenze dei legami deboli possiamo annoverare:
per l’individuo, un saltellamento tra un’organizzazione e l’altra spesso senza una strategia chiara di crescita professionale;
per l’organizzazione il rischio è quello di sposare una visione usa e getta del lavoratore che distrugge le basi della creazione del valore nel lungo periodo, che si basa proprio sulla qualità umana delle persone che lavorano in un’azienda nel tempo e che crescono e la fanno crescere nel tempo.
Cosa possono fare allora le aziende per invertire questo trend del legame debole e trattenere i migliori?
Un primo aspetto lo fa notare Nadella, CEO di Microsoft, che in una recente intervista ha detto: le persone non vanno via dalle aziende ma vanno via dai loro manager.
A volte vanno via da una cultura aziendale che non sentono vicina alle proprie preferenze e ai propri valori.
E una chiave a può essere quella di lavorare sulla managerialità e sulla leadership dei capi.
In altre parole, si possono aiutare le organizzazioni a trattenere i talenti agendo non tanto sui talenti stessi, ma sui loro capi, facendo diventare questi manager il più possibile simili a dei coach.
Inoltre, c’è un altro aspetto da considerare: i professionisti migliori, quelli che se lo possono permettere, quelli che hanno una buona employability e si riescono a ricollocare, non scappano solo lontano da capi poco motivanti, ma lasciano le aziende anche quando si verifica una seconda condizione: non è chiaro quello che è il loro percorso di sviluppo lì dentro.
Non vedono un sentiero di crescita, nessuno gliene parla mai, l’organizzazione è “ambigua” sotto questo punto di vista. Siccome non sa quale percorso di crescita professionale offrire, siccome i percorsi di sviluppo definiti ex-ante sono sempre più difficili da realizzare in un business sempre più incerto, si preferisce non menzionare affatto il tema.
Al più ci si ferma agli elogi: “Sei provo bravo in quel che fai!”, ma non si esplicita come potrebbe crescere quel professionista, negli anni, se restasse in quella organizzazione.
Invece, l’organizzazione dovrebbe trasmettere un messaggio del tipo:
“tu professionista se lavori da noi devi avere un progetto professionale di crescita, noi ti diamo gli strumenti per rifletterci, le condizioni al contorno per realizzarlo, un buon manager che ti possa ispirare come leader, ma qui si da noi si resta se si cresce, tutti, e ciascuno di noi è il principale attore della propria crescita. E per crescere tu non devi andare necessariamente altrove, in un’altra azienda, ma vogliamo noi essere il luogo della tua crescita!”.
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