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Immagine del redattoreLuigi Ranieri

Cambiamento e Resistenza: la coppia di fatto da riconciliare

Niente è duraturo come il cambiamento. (Ludwig Börne)


La vita organizzativa è quanto di meno stazionario esista: o ci si evolve, o si è destinati ad arretrare nel business, fino a scomparire. In un’epoca dominata dall’innovazione, non c’è spazio per l’immobilismo.


È importante, quindi, saperlo gestire questo cambiamento continuo.

Provando a definirlo, possiamo dire che il cambiamento è il percorso che porta un’organizzazione dallo stato A allo stato B. Avremo quindi:

  • il contenuto del cambiamento: ciò che caratterizza per differenza B rispetto ad A

  • il processo di cambiamento: ciò che viene agito per passare da A a B.

Ora, al di là del contenuto del cambiamento, che naturalmente cambia da caso a caso, da azienda ad azienda, da settore a settore, per il processo di cambiamento si possono individuare delle fasi ricorrenti come quelle descritte dal modello di Lewin, che prevede:

  • lo “scongelamento” (“unfreezing”) iniziale, dove si cerca di superare le naturali resistenze innescate dai meccanismi di difesa dello status quo

  • la fase di cambiamento, quando si è consapevoli che il quadro precedente è stato messo in discussione ma non si ha ancora una chiara percezione di come sostituirlo

  • e il “ricongelamento” ("refreezing") finale, che comporta il consolidamento del nuovo quadro e delle nuove abitudini.

Di modelli che descrivono il processo di cambiamento ce ne sono moltissimi: il modello di Kotter, di Rebora, di Lussier, il modello evolutivo di Greiner, il modello dell’incertezza di March, il modello sistemico di cambiamento e molti altri ancora. Ognuno può scegliersi quello che preferisce, insomma, e che si adatta di più al cambiamento da dover gestire.


Ma il punto è che nessuno di questi risulterà efficace, se non si sanno affrontare le resistenze al cambiamento.


Questo avviene perché, in determinate condizioni, cambiare risulta essere fonte di ansia che genere delle resistenze, di natura sia individuale che collettiva.


Per un individuo, la resistenza sarà più o meno forte in base alle risposte che do a queste domande:

  1. ho compreso il cambiamento?

  2. sono d’accordo nella necessità di cambiare?

  3. mi fido di chi lo promuove?

  4. per me rappresenta un miglioramento o un peggioramento?

I manager e chi si occupa di risorse umane giocano un ruolo chiave per facilitare risposte positive, attraverso un piano di comunicazione che spieghi efficacemente il cambiamento (domanda 1.), e grazie ad una cultura organizzativa orientata alla fiducia reciproca (domanda 3.), a partire da quella diretta proprio alla funzione HR, che in genere guida il cambiamento.


Rispetto alla domanda 2., si può usare la tecnica della persuasione basata sulla razionalità, che fa leva su dati e argomenti razionali per sostenere la necessità del cambiamento. Può sembrare una banalità, ma quanto spesso si spiega analiticamente il perché di un cambiamento organizzativo?


Altro strumento utile può essere la survey di misurazione del commitment verso il cambiamento di Meyer (2002).


Le condizioni per superare le resistenze sono, quindi, la volontà nel cambiare, la partecipazione al processo di cambiamento e la conoscenza del cambiamento.


Per questo motivo, il change management può superare le resistenze in 3 modi:

  • il primo passo è…prevederle

  • occorre poi saper distinguere le reazioni di resistenza dai motivi scatenanti

  • bisogna, infine, interpretare le ansie e cercare di rivederle con le persone coinvolte per comprendere sé sono ansie reali o fittizie, dovute a mere dinamiche di cambiamento.

Ecco quindi alcuni suggerimenti per trasformare le resistenze in opportunità:

  • fornire informazioni specifiche sul cambiamento in termini di benefici che ne derivano, compatibilità con lo status quo e fattibilità

  • sviluppare un clima favorevole al cambiamento

  • incoraggiare l’interesse e l’attenzione verso il cambiamento per implementare nelle persone coinvolte stati di partecipazione, responsabilizzazione e empowerizzazione.

Infine, non bisogna mai dimenticare che un’organizzazione capace di cambiare è un’organizzazione capace di apprendere, e viceversa.


Questo vale anche da punto di vista personale.


E solo le organizzazioni che mettono al centro l’apprendimento sono in grado di svilupparsi, di cambiare…di sopravvivere!

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